Come si ricorderà la rilevante sentenza 152/2020 della Corte Costituzionale ha previsto che la maggiorazione della pensione agli invalidi totali, ciechi e sordi fosse riconosciuta a partire dai 18 anni. La sentenza è stata poi recepita nella normativa decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126. Questo comporta che il titolare di pensione (291,98 euro al mese), se completamente privo di altri introiti, possa ottenere un incremento di ulteriori 368,81 euro. L’incremento diminuisce fino ad azzerarsi quando il reddito (inclusa la pensione stessa) raggiunge gli 8.590,27 euro. Le erogazioni dei relativi incrementi sono iniziate già negli ultimi mesi del 2020 e poi proseguite per tutte le mensilità del 2021. Ad inizio del 2022 i nuclei titolari di reddito o di pensione di cittadinanza, in cui sia presente anche un invalido (o cieco o sordo) che abbia goduto dell’incremento della pensione, hanno rilevato una drastica diminuzione, in taluni casi un azzeramento, degli importi abitualmente ricevuti tramite quei due strumenti di sostegno e di contrasto alla povertà. In pratica gli effetti dell’incremento delle pensioni vengono azzerati al momento di ricalcolare il reddito di cittadinanza che ne esce diminuito. A ben vedere era un effetto del tutto prevedibile viste le condizioni e le modalità stesse di funzionamento del reddito e della pensione di cittadinanza da taluni già stigmatizzate al tempo della loro approvazione proprio per il fatto di trattare, a parità di condizioni socioeconomiche, meno favorevolmente i nuclei in cui siano presenti persone con disabilità già percepiscono provvidenze assistenziali. Per tentare una soluzione, seppur tardiva, a queste situazioni al Senato, nel corso della discussione per la conversione del cosiddetto “decreto sostegni ter” (decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4), hanno presentato specifici emendamenti. L’istanza è quella di non considerare le maggiorazioni delle pensioni ai fini del reddito e della pensione di cittadinanza. Un emendamento è stato respinto e gli altri due, analoghi, sono stati conseguentemente ritirati. Si è dunque “ripiegato” su un “ordine del giorno” che impegni il Governo a trovare la soluzione normativa per evitare appunto il computo della maggiorazione ai fini del reddito di cittadinanza. Il Governo ha accolto con l’impegno “a valutare l’opportunità di dare attuazione alla parte dispositiva”. Lo strumento dell’ “ordine del giorno” è privo di qualsiasi cogenza normativa, quindi nulla di fatto, quindi, al momento attuale.