Sono in possesso di un verbale di invalidità che prevede una revisione fra poco più di tre mesi. Ho ricevuto una comunicazione di INPS che mi chiede di inviare documentazione sanitaria entro 40 giorni perché la mia posizione possa essere confermata. La richiesta mi sorprende e mi disorienta un po’. Spero di riuscire ad inviare in tempo la documentazione, ma se non ci riesco cosa succede? Lei si è imbattuto nelle procedure che INPS ha attivato dal 2022 nel caso di verbali di invalidità o cecità o handicap in cui sia espressamente prevista la rivedibilità. Quattro mesi prima della data prevista per la visita di revisione, le procedure informatiche estraggono dagli archivi le posizioni interessate. Il cittadino riceve una comunicazione con l’invito a inviare, “entro 40 giorni dalla data di spedizione della lettera”, la propria documentazione sanitaria tramite il servizio online “Allegazione documentazione Sanitaria Invalidità Civile” disponibile nel sito INPS. Se la documentazione sanitaria viene ritenuta idonea la revisione si conclude con la valutazione sugli atti. Diversamente INPS procede a fissare la visita di revisione “in presenza”. Qualora INPS non possa procedere a una valutazione sugli atti o nel caso di mancata trasmissione di documentazione medica integrativa, l’interessato è convocato a visita diretta (alla quale è comunque sempre opportuno presentarsi con idonea documentazione sanitaria). In questo caso la persona riceve l’invito a presentarsi presso l’INPS competente per territorio. Nel suo caso cosa può fare se non riesce a reperire la documentazione sanitaria specialistica entro i 40 giorni? Può usare il tempo successivo per ottenerla e poi presentarla durante la visita a cui sarà convocato. Va anche detto che se dovesse entrare in possesso della documentazione sanitaria dopo i 40 giorni, può comunque procedere all’allegazione. In questo modo viene comunque archiviata e può essere usata ai fini della valutazione, poiché presente nel suo profilo personale presso INPS. Ascolta il podcast (in collaborazione con Slash Radio) a cura dell’Agenzia Iura (Carlo Giacobini)
Sto tentando di ottenere la concessione del congedo straordinario biennale retribuito previsto per l’assistenza a familiari con grave disabilità. Mi può essere molto utile per stare più vicino a mia madre, ormai vedova che vive sola pur nella mia stessa città. Ci avevo già provato alcuni anni fa ma mi era stato rigettato perché abbiamo una differente residenza. Di recente ho letto in un social che sarebbero cambiate le regole e che la comune residenza non sarebbe più necessaria per presentare la domanda. Cosa c’è di vero? Social e molti siti web non sono una buona fonte. Le disposizioni in materia di congedi straordinari, pur essendo state leggermente modificate nel 2022, restano piuttosto rigide rispetto al requisito della convivenza che resta vincolante in tutti i casi, escluso quello di assistenza prestata dai genitori verso i figli. La coabitazione la si dimostra o con la comune residenza, o con il trasferimento della dimora, anche temporanea, in una abitazione comune. Eccezionalmente la domanda di congedo straordinario può essere accolta, per legge, anche a fronte dell’autodichiarazione dell’interessato in cui attesta di avere attivato il cambio di residenza o dimora temporanea. La coabitazione deve comunque sussistere nel momento in cui inizia l’effettiva fruizione del congedo. Esiste anche un’altra eccezione favorevole in cui tale condizione è soddisfatta: è il caso in cui la dimora abituale del lavoratore e del familiare da assistere siano nello stesso stabile ma non nello stesso interno come ad esempio due appartamenti distinti nell’ambito dello stesso numero civico. È utile ricordare che per la concessione del congedo biennale i criteri di concessione sono differenti e più restrittivi rispetto ai cosiddetti “permessi 104”. Per questi ultimi infatti non è prevista la convivenza o la coabitazione. Inoltre gli stessi potenziali beneficiari sono individuati in modo differente. In conclusione: non è detto che se si ha diritto ai permessi lavorativi sussistano anche le condizioni per ottenere anche i congedi biennali retribuiti. Ascolta il podcast (in collaborazione con Slash Radio) a cura dell’Agenzia Iura (Carlo Giacobini)
Ho sempre maggiori difficoltà a conciliare il mio orario di lavoro con le necessità di assistenza a mia moglie che è affetta da una patologia ingravescente che comporta gravi limitazioni. Ho già esaurito il congedo retribuito, uso i permessi ma non sono sufficienti. L’ultima possibilità che mi rimane è il ricorso al part-time. Dopo una prima interlocuzione il datore di lavoro non sembra disposta a concedermelo; sarei il primo caso in azienda. Per ora la richiesta è in sospeso in attesa di valutazioni. Nel frattempo però vorrei capire se ne ho diritto o meno. In questo caso la concessione del part-time non è un diritto. Attualmente è previsto solo un criterio di priorità nella trasformazione del contratto di lavoro dipendente da tempo pieno a tempo parziale (articolo 8, decreto legislativo 81/2015). Fra l’altro la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è contemplata solo in due casi. Il primo nel caso di “patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità (…), che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita (…)”. L’opportunità è estesa alle unioni civili e alle convivenze di fatto. Il secondo caso in cui viene concessa la priorità è per il lavoratore o la lavoratrice con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente con grave disabilità. Priorità significa solo una precedenza, una valutazione di maggior favore, una precedenza nel caso vi sia una pluralità di richieste. Ma non significa un diritto soggettivo e certo al quale l’azienda o l’amministrazione debbano conformarsi. Annotiamo per completezza che invece per i lavoratori del settore pubblico e privato affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, non c’è solo priorità nella concessione del passaggio da lavoro a tempo pieno a lavoro a tempo parziale, ma esiste un vero e proprio diritto che è stato sancito dall’articolo 8 del decreto legislativo 81 del 2015. Ascolta il podcast (in collaborazione con Slash Radio) a cura dell’Agenzia Iura (Carlo Giacobini)
Mio figlio sta per compiere la maggiore età. Ormai da molti anni riceve l’indennità di accompagnamento e nel suo verbale non sono previste revisioni. Cambia qualcosa nel momento in cui diventa maggiorenne? Cosa dobbiamo fare? Gli verrà data anche la pensione o gli verrà sospesa l’indennità di accompagnamento? Partiamo dalla premessa normativa ormai datata di dieci anni. L’articolo 25 della legge 114/2014 ha introdotto alcune misure di “Semplificazione per i soggetti con invalidità”. Fra queste ricordiamo come sia sancito l’importante principio che mentre si attende l’effettuazione delle eventuali visite di revisione e del relativo iter di verifica, i verbali (invalidità, cecità, sordità, handicap legge 104/1992) in cui sia prevista rivedibilità conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefìci, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura. Ancora: viene fissato a chiare lettere il principio che la convocazione a visita, nei casi di verbali per i quali sia prevista la rivedibilità, è di competenza dell’INPS. È l’Istituto che convoca a visita, non è necessario che la richieda il cittadino. Venendo ai neomaggiorenni, la legge 114/2014, ai commi 5 e 6, indica procedimenti differenti da quelli previgenti per i titolari dell’indennità di frequenza o di accompagnamento e comunicazione. L’innovazione più rilevante della legge 114/2014 è per i minori titolari di indennità di accompagnamento (ciechi e invalidi) e di comunicazione (sordi). In precedenza per poter ottenere la concessione anche della pensione, al compimento della maggiore età era richiesta una nuova visita di accertamento che doveva essere richiesta dall’interessato. Dopo la legge 114 la concessione anche della pensione (e delle maggiorazioni) è possibile anche senza una nuova visita di accertamento. È sufficiente, al compimento della maggiore età, presentare una dichiarazione sulla situazione socio-economica dell’interessato. La si redige su un modulo (AP70, non particolarmente complesso) e la si trasmette all’INPS. L’operazione può essere effettuata online tramite il sistema MyINPS quindi con accesso SPID o CIE. Se il modulo AP70 è validamente compilato, all’interessato verranno erogate oltre all’indennità, la pensione e l’eventuale maggiorazione. Sei mesi prima del compimento della maggiore età i titolari di indennità di accompagnamento o di comunicazione vengono informati da INPS delle procedure e invitati alla trasmissione del modello AP70. Ascolta il podcast (in collaborazione con Slash Radio) a cura dell’Agenzia Iura (Carlo Giacobini)