Un’importante sentenza europea in tema di caregiver

25 Novembre 2025

Il caregiver è la persona che presta assistenza a un’altra che, per ragioni di età, malattia o disabilità, non è in grado di provvedere autonomamente a sé stessa.

Si distinguono due figure: il caregiver formale, cioè un operatore professionale assunto o incaricato con mansioni assistenziali, e il caregiver informale o familiare, ovvero il coniuge, convivente, parente o affine che presta gratuitamente e in via continuativa assistenza a un familiare in condizione di grave disabilità.

L’assistenza del caregiver non si limita alle cure materiali (alimentazione, igiene, mobilità), ma si estende al coordinamento delle terapie, alla gestione dei rapporti con i servizi sanitari e sociali, fino al sostegno psicologico e alla mediazione nelle relazioni quotidiane. È dunque una funzione cruciale, che però in Italia continua a poggiare in gran parte sul sacrificio individuale, con un impatto significativo in termini di salute psicofisica, tempo e opportunità professionali.

L’ordinamento italiano non dispone ancora di una legge organica sul caregiver familiare, ma una serie di norme settoriali hanno progressivamente riconosciuto questa figura. Una prima definizione giuridica di caregiver familiare è stata introdotta con la Legge 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, commi 254-256, che lo qualifica come colui che «assiste e si prende cura, gratuitamente e in modo continuativo, di un coniuge, convivente, familiare o affine entro il secondo grado» affetto da grave disabilità certificata. Inoltre il provvedimento ha istituito il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e assistenza del caregiver familiare.

Successivamente l’art. 39 del D. Lgs. 15 marzo 2024, n. 29, nell’ambito della riforma del sistema integrato di interventi e servizi sociali, ha ribadito il riconoscimento del caregiver familiare e ha affidato a Regioni ed enti locali la predisposizione di misure di supporto.
In assenza di una disciplina nazionale organica, diverse Regioni hanno legiferato autonomamente. Le misure variano da Regione a Regione: contributi economici, servizi di sollievo, formazione, sportelli di ascolto, accompagnamento psicologico. Tuttavia questa frammentazione normativa sta generando disuguaglianze territoriali.

A livello europeo, un passaggio epocale è arrivato con la sentenza C-38/2024, depositata l’11 settembre 2025 dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La pronuncia ha stabilito che gli accomodamenti ragionevoli previsti dalla Direttiva 2000/78/CE a tutela delle persone con disabilità devono applicarsi anche al lavoratore che, pur non essendo in condizione di disabilità, si sente svantaggiato sul lavoro a causa del ruolo di caregiver. A tal proposito si ricorda che, secondo l’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE, devono intendersi come accomodamenti ragionevoli le modifiche o adattamenti “necessari ed appropriati” che, senza imporre un onere sproporzionato al datore di lavoro, permettono di garantire la parità di trattamento. In buona sostanza, la sentenza europea precisa che i soggetti che assistono una persona con disabilità possono far valere in giudizio il principio del divieto di discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, mentre il datore di lavoro di tale caregiver è tenuto ad adottare gli accomodamenti ragionevoli necessari alla conciliazione dell’attività di assistenza con quella lavorativa. Di conseguenza, un datore di lavoro che rifiuti ingiustificatamente l’adozione di accomodamenti ragionevoli richiesti dal lavoratore caregiver (es. flessibilità di orario, turni stabili, lavoro agile, permessi aggiuntivi) rischia di incorrere in un comportamento discriminatorio basato sulla disabilità. Tale rifiuto è lecito solo se l’adattamento comporta un onere sproporzionato per l’Azienda.

La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è molto importante, in quanto estende la tutela antidiscriminatoria ai caregiver, introduce un obbligo di gestione inclusiva, stimola riforme nazionali e rafforza i diritti rivendicabili in giudizio.

Il riconoscimento giuridico del caregiver in Italia è ancora incompleto, frammentato tra norme nazionali, leggi regionali e prassi amministrative. La recente sentenza della Corte di Giustizia europea segna però un cambio di paradigma: la cura non è più solo un fatto privato, ma una responsabilità sociale che richiede adattamenti ragionevoli anche nel mondo del lavoro. Se finora il caregiver era visto soprattutto come una risorsa familiare da sostenere con misure assistenziali, oggi diventa anche un soggetto titolare di diritti. Un riconoscimento che potrebbe finalmente aprire la strada a una legge nazionale organica, capace di garantire ai caregiver uniformità e pari dignità su tutto il territorio nazionale.

Avv. Franco Lepore
Presidente dell’Agenzia IURA

Fonti