Storie di vita Senza lavoro, alla scoperta di un mondo nuovo
Un uomo con disabilità illustra come spesso l’insorgere di una limitazione funzionale si traduca nella perdita del lavoro, nonostante l’esistenza di una legislazione di tutela
«Già da un po’ di tempo mi era stata diagnosticata la retinite pigmentosa, ma solo verso i trent’anni sono arrivati i primi problemi seri. Fino ad allora non c’erano stati particolari disturbi e avevo continuato a fare una vita normalissima, ignorando completamente le problematiche legate alla mia limitazione visiva. In quel momento, però, la mia vita è del tutto cambiata».
Da alcuni anni Giovanni lavorava in una grande azienda alimentare, impegnato nel settore della manutenzione, e per un certo periodo aveva continuato a nascondere la sua nuova condizione, nonostante il suo campo visivo andasse progressivamente restringendosi.
«I problemi, però, diventavano sempre più grandi - racconta - anche perché, lavorando sulle macchine in movimento, ogni giorno il pericolo era dietro l’angolo. Avevo problemi con i colleghi e naturalmente anche con i responsabili che, non riuscendo a capire certi miei comportamenti strani, pensavano che avessi sempre la testa tra le nuvole, distratto da altri pensieri, e che non riuscissi a concentrarmi sul lavoro. E invece stavo semplicemente mascherando il fatto che ci vedevo sempre meno. Il mio pensiero dominante era: “se rimango a casa, cosa faccio?”. Non sapevo, infatti, che potesse esistere un altro mondo, oltre a quella mia normalità di allora, e che avessi quindi la possibilità di fare qualcos’altro da cieco».
Un giorno Giovanni viene investito da un muletto trasportatore che gli rompe una gamba in due punti e in quel momento tutto cambia. Emerge la limitazione visiva, che l’azienda non ritiene compatibile con il suo lavoro. E gli viene proposta una buonuscita, a patto che egli stesso si licenzi.
«Probabilmente - dice - loro sapevano già che non potevano licenziarmi e che avrebbero dovuto affidarmi un’altra mansione, magari da centralinista. Io invece non sapevo nulla delle leggi che mi avrebbero potuto tutelare e così ho accettato la loro proposta e mi sono licenziato. Nel frattempo avevo fatto domanda di invalidità e mi è stata riconosciuta».
Nello stesso periodo arriva per Giovanni anche la revoca della patente di guida, e così, senza più lavoro né automobile, in attesa della pensione di invalidità, si trova a vivere un paio d’anni di chiusura totale nei confronti del mondo esterno, nella convinzione che la sua vita fosse praticamente giunta al capolinea.
La svolta arriva grazie ad un amico, che lo consiglia di prendere contatto con la principale associazione italiana impegnata nel campo della disabilità visiva. Il primo positivo approccio stimola la voglia di Giovanni di uscire da quella situazione di stallo, soprattutto quando inizia a conoscere altre persone con la sua stessa limitazione funzionale.
«Solo allora - racconta - ho capito che si poteva fare qualcos’altro, che la mia vita avrebbe potuto cambiare radicalmente e che avrei potuto fare tante cose anche da cieco. Ho frequentato un corso da centralinista, prendendo l’abilitazione, anche se poi non l’ho mai sfruttata. Mi sono iscritto alle liste per categorie protette e soprattutto ho iniziato a frequentare l’associazione, ricoprendo anche ruoli direttivi. Nel corso degli anni ho capito che c’era tutto un mondo di tecnologia e di ausili che le persone con problemi di vista possono sfruttare per essere autonomi in tutto: dal computer ad oggetti più piccoli, come le bilance o gli orologi parlanti. Tutto ciò, insomma, che può renderti indipendente anche in casa, nel quotidiano».
Un altro mondo nuovo si apre a Giovanni, quando inizia a frequentare un corso di informatica: «Prima di perdere la vista - spiega - il mio rapporto con i computer si era limitato ad alcune operazioni automatiche sul posto di lavoro, che mi erano state spiegate. E invece quel corso, al quale ne è seguito un altro di secondo livello, mi ha letteralmente aperto la mente su tante nuove possibilità. E quando sono arrivati internet e i social, ho potuto conoscere un sacco di persone in ogni parte d’Italia, e anche all’estero. Ho scoperto soprattutto che non ero più isolato, non ero più tagliato fuori dal mondo, come avevo pensato di essere, quando avevo iniziato a perdere la vista. E questo mi ha portato ad una nuova vita, ad un nuovo percorso che continuo tuttora, a cinquant’anni compiuti».
March 2018