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Storie di vita

Dallo shock alla felicità: storia di una gravidanza

Una donna cieca racconta la sua penosa esperienza con il sistema sanitario pubblico durante la gravidanza

Grave errore sanitario? Scarsa sensibilità nei confronti di una madre con disabilità? O addirittura pregiudizio? Forse un po’ di tutto questo. E in ogni caso chi leggerà quanto accaduto a Vittoria, donna cieca dalla nascita, potrà giudicare da sé.
Quel che è certo è che la frase rivolta da una ginecologa a Vittoria, giunta al quinto mese di gravidanza, non merita proprio di essere assunta come buon esempio di comunicazione tra medico e paziente: «Signora, già la vita è stata cattiva con lei togliendole la vista, vuole mica avere un bambino in stato vegetativo?». E oltretutto, particolare non secondario, quel figlio non era affatto in stato vegetativo.

Tutto accade quando Vittoria si reca all’ospedale della sua città per l’ecografia morfologica, uno degli esami più importanti dell’intera gravidanza, poiché è quello in cui viene analizzata con più accuratezza l’anatomia del feto. Un esame che si fa in genere al quinto mese.
«Vado a fare la morfologica - racconta - per capire se era tutto a posto. Mi tengono lì praticamente tutta la mattina, senza spiegarmi nulla, poi mi dicono: “Si rivesta, vada a fare una passeggiata, ci vediamo tra un po’”. Torno a rifare la morfologica, tra medici che entrano e medici che escono, mentre io stanchissima, con la necessità assoluta di andare in bagno, ad un certo punto chiedo: “Scusate, mi potete dire che cosa sta succedendo?”. A quel punto, la dottoressa responsabile dell’esame si gira di scatto e quasi urlando sbotta: “Lo vuole proprio sapere cosa sta succedendo? Che suo figlio o sua figlia non ha il cervello, non ha il cervelletto e lei deve subito interrompere la gravidanza!”».

Lo shock è grande, «anche perché - ricorda Vittoria - io lo sentivo muovere e non potevo credere che fosse in stato vegetativo. Mi mettono in una stanza con una psicologa, che non mi dice una parola». Poi arriva la ginecologa ed è lei che si pronuncia sulla cattiveria della vita nei confronti di chi nasce cieco. Ma subito dopo cambia registro e pensa di confortare Vittoria a modo suo, dicendole: «Lei è fortunata, sa? Perché la nostra è una delle poche città dove si può fare la risonanza fetale. Oggi pomeriggio, perciò, facciamo una bella risonanza fetale e vediamo se questo bambino è in stato vegetativo oppure no».

Vittoria è una donna combattiva, lo è sempre stata, ma quell’esito rischierebbe di stroncare anche la persona più forte. È letteralmente sotto shock e a peggiorarne lo stato d’animo vi è anche il ricordo del figlio perso dalla madre, dopo essere venuto alla luce al sesto mese di gravidanza.
Si reca comunque a fare la risonanza fetale, ma i nervi sono tesi come una molla, piange, urla e non riesce ad entrare nella macchina. Le dicono che non collabora. Le fanno pesare il fatto di non voler sapere se suo figlio sia in stato vegetativo. E quando quasi scappa dall’ospedale le rilasciano un documento in cui parlano di «madre non collaborante» e di non essere riusciti ad eseguire la risonanza per l’eccessiva quantità di tessuto adiposo della madre, senza fare alcun cenno all’ipotesi di feto in stato vegetativo.

Vittoria cerca di calmarsi e di ragionare più lucidamente. Decide di rivolgersi al ginecologo della madre e di rifare privatamente l’ecografia morfologica. Il risultato è sconcertante: «Signora, qui c’è tutto: cervello, cervelletto. Come hanno fatto a dirle quelle cose?».
«Ero talmente agitata - prosegue Vittoria - che gli ho chiesto: “Mi tenga ancora un po’, guardi bene il cervello, guardi bene il cervelletto”. E lui mi ha risposto “No signora è tutto apposto, ma lei lo sa cos’è? È una bimba!”».

Pochi giorni dopo Vittoria viene richiamata dall’ospedale per ripetere l’esame e ad occuparsene è un altro radiologo, che le chiede di spiegargli quanto accaduto la volta precedente. «A quel punto - racconta Vittoria - lo sento chiamare la dottoressa che aveva fatto il primo esame e confrontarsi a lungo con lei. Ed è proprio questa donna, con quarant’anni di esperienza alle spalle, che mi si avvicina e mi dice: “Ma non era così l’altra volta! Strano, posso solo scusarmi”. Avrei saputo io cosa farmene delle sue scuse! Ma l’ondata di gioia è stata talmente grande, che a quel punto l’ho abbracciata, anche perché io sono fatta così.

Qualche mese dopo, ad alcuni giorni dal parto, Vittoria incontra in ospedale quella stessa ginecologa che tanto l’aveva sconvolta e che le chiede: «Mi spiega perché non è più venuta da me?». «Dottoressa - le risponde - adesso devo fare il tracciato e devo stare calma. Nella stanza non siamo solo io e lei, mi può lasciare tranquilla? Ne parleremo, se vuole, ma non credo che sia questo il momento».
Quel momento, però, non sarebbe mai arrivato, anche perché poche ore dopo è nata Elisabetta, una bella bambina, che non ha più avuto problemi con medici e pediatri.

May 2018